Questo post è dedicato al paesaggio dell’Ubago, partendo dalla mappa disegnata da Giovanni, che ha ricostruito i toponimi del territorio di Ubaghetta e di Ubaga, ascoltando i racconti degli abitanti più anziani.
A ciascun nome è legata una storia, un qualcosa capitato lì, che ha fatto sì che quel pezzetto di terra si nominasse, come Ca’ de Rudassi, dov’era anticamente un nucleo di case di cui non resta traccia, abbandonate per un’improvvisa invasione di formiche giganti.
Ma dobbiamo partire da Ubaghetta e da Ubaga, da cui è nata tutta questa storia, dai loro nomi che ci avevano subito incuriosito.
Ubago nel dialetto della Liguria di Ponente indica località selvose, esposte a settentrione. Significa impervio, opaco. E’ il contrario di abrigu, aprico, il luogo soleggiato. Ma ubago vuol dire anche, nascosto, selvaggio, misterioso, profondo.
L’aprico e l’ubago, il solare e il lunare, la riviera e l’entroterra, l’esposto e il nascosto sono aspetti indissolubili del paesaggio ligure, forse di tutti i paesaggi.
Il paesaggio è sempre anche contenitore di miti, sogni e emozioni, accumulatore di metafore (Massimo Quaini), e quello dell’ubago si è incontrato con la poetica di Italo Calvino che lo identifica come il luogo proprio della sua scrittura:
“D’int’ubagu, dal fondo dell’opaco io scrivo, ricostruendo la mappa d’un aprico che è solo un inverificabile assioma per i calcoli della memoria, il luogo geometrico dell’io, di un me stesso di cui il me stesso ha bisogno per sapersi me stesso, l’io che serve solo perché il mondo riceva continuamente notizie sull’esistenza del mondo un congegno di cui il mondo dispone per sapere se c’è” (Italo Calvino, La strada di San Giovanni).
Ubagu,Baigorix, Spéndega, Giassi…alcuni toponimi della nostra carta sono anche le figure simboliche condensate nelle “Maschere di Ubaga“, opere di 80 artisti chiamati da Franco Dante Tiglio a interpretare forze della natura e caratteri umani dell’ubago. Le opere fanno parte di una mostra permanente del museo del territorio della valle Arroscia, visitabile a Pieve di Teco.
Ora che abbiamo le cartine, le mappe, le maschere possiamo iniziare a orientarci, proseguendo il viaggio, senza dimenticare di mettere in valigia i libri – se no che viaggio è – oltre a Italo Calvino, Francesco Biamonti e altr* che si aggiungeranno, cammin facendo.
